L’ebbrezza dell’attesa


Antonio Sarnari


Le linee della scultura non hanno un orizzonte finito come il mare o una collina, le linee della scultura non lasciano spazio alla finzione o all’immaginazione, sono definite all’infinito.
La pietra ha quel sapore estremamente reale, della vita vissuta, che Cicciarella lascia di gusto ruvido, di accento spigoloso e duro.
Lo scultore non può dunque mentire, lasciando, oltre l’orizzonte dell’immaginazione, un’irrisolta bolla di pietra, un dubbio, un’incertezza; è forse questa una delle caratteristiche che contraddistingue il lavoro di Cicciarella, la schiettezza del gesto verso la sua pietra.
È un gioco, quello di Ezio con le sue pietre, che si svolge sul confine dell’umiltà dell’uomo a trasformare la Natura e insieme l’audacia dello stesso ad amarla, con tutte le difficoltà che questo comporta.
Seguendo le tracce dell’autore, nel corso di alcuni anni di confronti attorno alle sue opere, ho compreso che la bellezza vibrante di queste sculture è quella della scoperta, l’ebbrezza dell’attesa.
Cicciarella sembra cristallizzare, nelle sue pietre, un’emozione infantile, quella di trovare una vecchia scatola, di cui ancora non si conosce il contenuto che, per un adulto, corrisponde spesso ad un’emozione più grande di quella provata ad aprirla. Cicciarella riescea sospendere definitivamente quell’attimo, in cui si intuisce che la pietra grezza sta per diventare un diamante, e le lega attorno una serie di abbracci, in modo da trattenerlo e poter ricordare la suggestione di quello scorcio di luce.
Ha qualcosa a che fare con il sapore dell’incompiuto, come avere conosciuto la sensazione di estasi del momento, magico, in cui l’opera è sull’orlo dell’illuminazione e riuscire a frenarsi, prima della pubblica rivelazione, quando già significherebbe distruggere un’opera d’arte per realizzarne un’altra.
Non è dunque strategia, quella di Cicciarella, bensì sensibile percezione dell’attimo, intuizione dell’emozione, lo stesso che distingue un’opera da una costruzione fredda della psicologia dell’attesa.
Le legature sulla pietra non sono costrizioni ma segni dell’umile riconoscimento dell’uomo, del silenzioso passaggio della mano, una dichiarazione d’amore nel profondo rispetto delle identità e diversità.
Le legature non sono tese a stringere la pietra ma sono esse stesse, riempite di corpo dalla rude materia, ad accogliere i volumi. La poesia di queste sculture nasce dalla durezza della pietra e dalla sensibilità dell’autore, dalle energie della natura e dalle scelte dell’uomo.